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Pubblicato il 2 Febbraio 2024 da Giacomo

Una Settimana a Nyagwethe: Vita in un villaggio sulle rive del Lago Vittoria

Esplora il cuore dell'Africa Orientale attraverso l'esperienza di un viaggio unico a Nyagwethe, un villaggio keniota sulle rive del lago Vittoria. Questo racconto di vita, lavoro e apprendimento in una comunità lontana dalla frenesia della vita moderna ti porterà a scoprire la bellezza dell'umiltà, della condivisione e dell'immersione culturale. Un viaggio che va oltre il semplice turismo, trasformandosi in una lezione di vita indimenticabile.

Categoria: Destinazioni
Dove mi trovavo quando ho scritto l'articolo

Nel cuore dell’Africa Orientale, in Kenya, nascosto tra le onde del lago Vittoria, si trova Nyagwethe, un tipico villaggio rurale keniota.

Abbiamo scelto Nyagwethe come destinazione per un’esperienza di Workaway, attratti dalla promessa di un’immersione nella vita del villaggio, per aiutare una comunità in diversi aspetti. Questa non era una vacanza, ma un viaggio di contribuzione e sfida personale. Un’opportunità per imparare e crescere mentre offrivo il mio tempo e le mie abilità alla comunità locale. Come vedremo le cose sono andate in modo diverso dal previsto.

L’idea di vivere in un villaggio keniota per una settimana mi ha intimorito un po’ all’inizio. Sognavo di svegliarmi con l’alba africana, di lavorare a fianco degli abitanti del luogo, di apprendere antiche tradizioni e di addormentarmi sotto un cielo trapunto di stelle, lontano dal trambusto della vita cittadina. Non è stato proprio così. Diciamo che me l’ero un po’ romanzata. Anche perché, parliamoci chiaro, ero comunque là con la necessità di lavorare anche per me. Infatti, a fianco di quelle aspettative, c’erano anche i timori comuni di un europeo che si trova in una zona rurale africana: Prenderà il cellulare? Riuscirò a collegarmi a internet? Resisterò usando una latrina per una settimana?

Questa è la storia della mia settimana a Nyagwethe, lavoro e apprendimento sulle sponde del più grande lago dell’Africa. Seguimi in questo pezzo di viaggio, attraverso le parole e le immagini, forse, chi lo sa, potresti essere ispirati a intraprendere un’esperienza simile, che comunque è stata molto interessante e formativa.

L’arrivo a Nyagwethe

Siamo arrivati al villaggio con un viaggio non semplice. Partivamo da Narok con un bus fino a Mbita, dove due bodaboda ci sono venuti a prendere, hanno legato i nostri zaini sulle moto e ci hanno portato verso il villaggio. In moto abbiamo percorso oltre un’ora di strada sterrata, metà della quale al buio, visto che intanto era passato il tramonto.

Arrivati vicino al villaggio, ovviamente non sapevamo dove fossimo, la moto ha preso un sentiero nel bosco, dopo aver attraversato un piccolo fosso. Ci hanno scaricato di fronte a una capanna di fango con il tetto in lamiera mentre il proprietario di casa e nostro host ci veniva incontro presentandosi. Julius era il suo nome e ci ha mostrato la nostra camera, la capanna di fianco a cui le moto si erano fermate. All’interno 4 letti un po’ sgangherati, il pavimento di terra nuda irregolare e niente su cui appoggiare gli zaini.

Dei cavi percorrevano la capanna a un paio di metri da terra e formavano grovigli e incroci con fili tesi sopra i letti. Quei fili servono per stendere e i cavi per portare un po’ di luce, alimentata da batterie a pannelli solari. Ci siamo sistemati in fretta e poi siamo andati nella capanna accanto, dove avremmo mangiato.

Un po’ confusi e spaesati, abbiamo fatto la conoscenza di Julius e della sua famiglia.

La Vita Quotidiana al Villaggio

Ci aspettavamo una cosa molto più scandita, con compiti da svolgere e/o mansioni da portare a termine. Invece non è stato affatto così. Ci svegliavamo quando volevamo e la colazione era pronta intorno alle 9:30. La colazione consisteva in tè nero con zucchero, pane bianco da toast con margarina alla vaniglia. I pasti avvenivano nella capanna accanto alla nostra, che abbiamo scoperto nei giorni successivi era la camera di Julius e sua moglie. Nella capanna era presente un salotto con una TV. Il pavimento in terra battuta, aveva, al centro, un accenno di cemento, come se ci avessero provato a buttare giù un po’ di cemento ma non avessero finito o non avessero avuto la possibilità di ripararlo quando si era inesorabilmente deteriorato.

Gli spazi erano angusti, ma alla fine ci stavamo tutti a mangiare durante i pasti. Addirittura, la sera, guardavamo un po’ di TV. Julius e la sua famiglia erano ossessionati da un telefilm indiano dal nome “Unfortunate Love”.

Le attività del Workaway sarebbero dovute esser varie, dal classico giocare a pallone coi bambini, a insegnare ad usare il computer, fino anche ad aiutare nella costruzione o riparazione. Purtroppo nessuna di queste attività erano da fare nei giorni in cui eravamo lì. Abbiamo quindi vissuto una settimana in un contesto in cui non eravamo di alcun aiuto, eppure Julius ci ha ospitati e quando abbiamo detto che saremmo andati via, era addirittura un po’ dispiaciuto.

La vita quotidiana si svolgeva in modo molto tranquillo, scanditi dai pasti, cucinati dalle donne della famiglia di Julius. Io cercavo di lavorare, rincorrendo una linea 4G che prendeva solo fuori dalla capanna, con un router wifi portatile. Per fortuna mi ero organizzato bene e non avevo cosa fondamentali da gestire online in quei giorni. Per lavarci dovevamo andare al lago, distante pochi minuti a piedi, e lavarci nell’acqua non sempre limpida. Unico bagno disponibile era una latrina e non c’era acqua corrente, ma un sacco di taniche di acqua piovana.

Al villaggio pascolavano tranquilli bovini e polli. I polli erano sicuramente gli stessi animali che ci hanno servito in un paio di pasti.

Un paio di volte, su nostra richiesta, ci hanno portato alla “sala computer”, dove potevamo caricare i nostri laptop. Infatti, al villaggio c’era corrente a basso voltaggio, che bastava per le luci a led e per caricare, in modo lentissimo, i cellulari. La sala computer, invece, era al centro del villaggio, a circa 10 minuti a piedi, in una costruzione in muratura, accanto alla scuola e al mercato locale.

Non c’era internet, ovviamente, ma delle batterie sufficientemente potenti da ricaricare i nostri dispositivi. Mentre eravamo nella sala computer, un sacco di bambini venivano a giocare con i computer. C’era chi si divertiva con i giochi dei browser (quelli che vengono fuori quando non c’è connessione) e chi provava a scrivere. Noi bianchi, comunque, eravamo un’attrazione considerevole.

La vita durante la settimana

La vita durante la settimana a Nyagwethe si è rivelata un mix tra la semplicità delle attività quotidiane e l’adattamento a un contesto completamente diverso da quello a cui ero abituato. Senza un’agenda precisa di lavoro da svolgere, il tempo sembrava dilatarsi, offrendomi l’opportunità di riflettere su quanto la nostra percezione del tempo e delle priorità possa essere influenzata dal contesto in cui ci troviamo.

Le giornate erano scandite dai ritmi naturali, dal sorgere al tramontare del sole, e dalla convivialità dei pasti condivisi con la famiglia di Julius. Questi momenti diventavano l’occasione per scambi culturali. Era affascinante vedere come, nonostante le evidenti differenze, certi aspetti dell’esistenza umana rimangano universali.

Ogni sera andavamo al lago a lavarci e vedevamo le donne del villaggio che lavavano pentole e vestiti. Non avendo l’acqua corrente, quello era il modo più semplice. E per fortuna che il lago era a pochi minuti a piedi.

Il tempo libero mi ha permesso di esplorare i dintorni del villaggio, di assistere alla vita quotidiana degli abitanti e di apprezzare la bellezza paesaggistica del luogo. Il lago Vittoria, con le sue acque estese e il panorama che offre, era una presenza costante, un simbolo della vastità e della ricchezza naturale dell’Africa, nonché un dispensatore di tramonti non male!

Tramonto al lago Vittoria

Riflettendo su questa esperienza, mi rendo conto di quanto sia stato prezioso il tempo trascorso a Nyagwethe. Anche se inizialmente mi ero sentito come un pesce fuor d’acqua, cercando di adattarmi a una realtà così diversa dalla mia.

In conclusione, la mia settimana a Nyagwethe non è stata solo un’esperienza di viaggio, ma una lezione di vita. Mi ha mostrato che, al di là delle differenze superficiali, c’è molto che possiamo imparare gli uni dagli altri. Questo viaggio ha ampliato i miei orizzonti, mi ha insegnato a valorizzare ciò che ho e ad apprezzare la semplicità e l’autenticità delle relazioni umane.

Inoltre, sono anche riuscito a lavorare, grazie al mio router wifi, nonostante non ci fosse una connessione stabile. In questo caso, la scelta di un prodotto di qualità ha fatto sicuramente la differenza.

Spero che condividendo questa storia, possa ispirare altri a esplorare, a mettersi in gioco, e a scoprire la bellezza e la complessità del nostro mondo.


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